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Fme, l'Europa non toccherà quel fondo

di Roberto Perotti

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12 Marzo 2010
Fme, l'Europa non toccherà quel fondo

A cosa serve il Fondo monetario europeo? Anche se non vi sono proposte precise al momento, sembra chiaro che dietro al progetto, recentemente sponsorizzato dal Governo tedesco di creare un istituto per interventi di stabilizzazione nell'eurozona, vi sono molte intenzioni diverse.
Per i minimalisti, il Fme servirebbe a migliorare il coordinamento delle politiche fiscali, da molti ritenuto necessario per il buon funzionamento della politica monetaria della Ue. Ma può essere vero esattamente l'opposto, perché un maggiore coordinamento diminuisce il costo delle politiche fiscali espansive e dunque crea incentivi a perseguire disavanzi di bilancio più alti. Se la Francia vuole espandere la spesa pubblica ma la Germania non la segue, parte dell'aumento della domanda francese beneficerà la Germania e genererà un disavanzo commerciale francese; se invece anche la Germania accetta di espandere la spesa pubblica («si coordina»), l'effetto sulla domanda aggregata sarà maggiore e la Francia eviterà un disavanzo commerciale.
Il secondo scopo del Fme è di fornire supporto a paesi in una crisi di liquidità, in cambio di un programma di risanamento fiscale. Perché questo scopo sia raggiunto, vi devono essere scenari in cui avviene un trasferimento di fondi ai paesi in crisi: altrimenti perché un paese si sottoporrebbe all'umiliazione e alle complicazioni di un programma di sorveglianza? Questo è ben noto, eppure molti supporter del Fme si affrettano a negare che esso preveda sussidi a paesi in crisi. Il motivo è chiaro: un Fme che eroghi sussidi implica dei costi notevoli per i paesi sani. Il primo costo è ovvio: i sussidi sono pagati dai contribuenti. Il secondo costo è più dilazionato nel tempo: l'erogazione di sussidi crea un problema di "azzardo morale", perché il fatto stesso che vi sia un'istituzione pronta a finanziare i paesi in crisi crea un incentivo per la finanza allegra.
Propagandare un Fme che risolva le crisi senza imporre questi costi è fuorviante. In realtà dietro ogni proposta sul tappeto vi è un sussidio, implicito o esplicito, e dunque un problema di azzardo morale. Prendiamo per esempio la seppur vaga proposta del capogruppo dei socialisti europei Poul Rasmussen: il Fme consisterebbe di "un fondo di riserva" tra i paesi membri dell'eurozona, e potrebbe anche prendere a prestito nei mercati del capitali. Dietro questa breve descrizione sembrano configurarsi due proposte molto in voga in queste settimane.
La prima proposta consiste nell'emissione dei famosi eurobond, da parte del Fme oppure, come nella proposta del primo ministro belga Yves Leterme, da parte di un'agenzia europea del debito. Anche qui mancano i dettagli, ma una versione diffusa sembra prevedere che i paesi europei emettano congiuntamente i bond per permettere ai paesi più piccoli di finanziarsi a tassi più bassi sfruttando la maggiore liquidità del sistema; per evitare un bailout, ogni paese rimarrebbe responsabile per la sua parte.
Non è facile capire come ciò possa avvenire in pratica, ma è facile vedere che in questa proposta c'è sicuramente un bailout implicito. Se per ogni euro di eurobond emessi 3 centesimi sono di "competenza" della Grecia, e se la Germania non può intervenire per salvare la Grecia, allora il tasso degli eurobond rifletterà il rischio di default sul 3% del valore dei titoli: la Grecia pagherà un tasso più basso dei suoi titoli attuali, e la Germania un tasso più alto (naturalmente la Grecia è un paese piccolo e l'effetto sugli altri tassi sarebbe limitato; ma il discorso sarebbe più complicato se al posto della Grecia ci fossero la Spagna o l'Italia). Se invece la Germania può intervenire per salvare la Grecia, allora l'effetto è equivalente a quello di un aumento del debito tedesco, cioè un aumento del tasso d'interesse tedesco. Il problema fiscale greco è diventato dunque un problema fiscale europeo. Ecco perché i trattati proibiscono il salvataggio di un paese: al contrario di quanto molti affermano, questa clausola ha lo scopo di facilitare la conduzione della politica monetaria, non di renderla più difficile.
La seconda componente della proposta di Rasmussen e altri sembra essere simile a una recente proposta di Daniel Gros e Thomas Mayer. Il fondo d'intervento dovrebbe essere alimentato soprattutto dai contributi dei paesi che violano i parametri di Maastricht: un meccanismo di mutuo soccorso fra paesi a rischio con lo scopo di limitare l'intervento di Germania e Francia, e dunque mitigare il problema dell'azzardo morale. Ma questa soluzione è utopistica: secondo i calcoli degli stessi autori, la Grecia avrebbe accumulato risparmi presso il fondo per meno di un punto di Pil, una quantità irrilevante nella crisi odierna. Ancora una volta, non si può uscire dal dilemma: per funzionare, questo meccanismo deve poter contare su Francia e Germania, quindi deve prevedere un flusso di fondi verso i paesi in crisi.
Un terzo scopo del Fme è quello di fornire un meccanismo per rendere un default (nel caso avvenga) meno traumatico, garantendo una parte del debito. Ma anche qui il vantaggio è in gran parte illusorio: se un paese va in default, le somme necessarie per garantire una parte del suo debito sarebbero considerevoli. Il meccanismo di mutuo soccorso visto sopra sarebbe ancora più inadeguato.
In tutti questi casi il problema è sempre lo stesso: un intervento o un'istituzione che non possa effettuare trasferimenti considerevoli a un paese in crisi non serve a niente. Per essere efficace, ha bisogno della Germania e della Francia, ma allora il problema dell'azzardo morale non può essere ignorato.
  CONTINUA ...»

12 Marzo 2010
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